Di Mario Cassi
La polvere da sparo fu usata principalmente per le armi portatili, gli archibugi e i fucili, anche se nacquero prima i cannoni usati negli assedi; esordì la bombardella manesca, un cannone in miniatura imbracciato da un uomo. Il sistema era ad avancarica, s’introduceva nella bocca della canna prima la polvere e poi la pallottola, e si calcava il tutto con una bacchetta; influiva il tempo; se era piovoso o umido era impossibile usare l’armamento. L’uso dell’arma da fuoco portò alla morte della Cavalleria Feudale, come accadde non molto lontano dalla nostra città, nella Battaglia di Pavia del 1525 ove vi fu l’uso massiccio degli archibugi da parte degli spagnoli contro il meglio della nobiltà francese che si sacrificò in una carica suicida. Lentamente scomparvero le armature, ormai vulnerabili dai proiettili d’arma da fuoco. Il progresso portò a migliorare il sistema d’accensione, dalla miccia si passò alla ruota e infine al focile, da cui fucile, che incendiava la carica per mezzo di un cane che stringeva una pietra focaia la cui scintilla provocava l’esplosione.(vedi pistola del XVII secolo a canne sovrapposte firmata dall’armaiolo Antonio Moretta e piastra a due cani firmata da Antonio Branzini – Brescia esposta).
Incominciò a metà del XVII secolo a comparire la Baionetta, nata nella città francese di Bayonne, e gli eserciti l’adottarono inastata al fucile che era usato anche come arma bianca da punta. (vedi fucili esposti con baionette e sciabole-baionette, moschetto Mod.Bordoni, fucile Mod.Lorenz 1854 e Wetterli 1870, e dipinto olio su tela di Angelo Bacchetta d’anni 18 rappresentante la morte del cremasco Gervasoni sotto le mura di Ancona nel 1859 sopra bacheca della divisa Legione Straniera appartenuta al Conte Fortunato Marazzi; vedi pure altro dipinto del pittore Luigi Bechi (copia) commemorante il ferimento del nobile Franco Fadini alla battaglia di Montebello).
Altra innovazione fu la nascita del moschetto, arma piu corta e leggera del fucile, generalmente con la canna rigata internamente che imprimeva un movimento rotatorio e retto al proiettile che aumentava la precisione del tiro. L’introduzione del luminello portò ad un’altra svolta tecnologica, una capsula esplosiva che sostituiva la pietra focaia. Furono inventate le polveri infumi, problema da risolvere perché creavano molto fumo durante le battaglie e di conseguenza difficoltà per la mira; ma la svolta epocale si ebbe con l’invenzione del sistema a retrocarica per tutte le armi da fuoco che modificò radicalmente il modo di condurre la guerra. Invece d’introdurre la palla dalla bocca della canna, furono costruite cartucce contenenti la carica di scoppio in un bossolo. Le cartucce erano incamerate dalla culatta e chiuse con l’otturatore, il cane colpiva il fondo del bossolo, che conteneva una piccola carica di fulminato di mercurio che creava l’esplosione della polvere; aprendo l’otturatore si espelleva il bossolo e s’introduceva una nuova cartuccia. Il sistema a retrocarica aumentò la cadenza da 3-5 a 10 colpi il minuto, e fu sperimentato dai prussiani contro gli austriaci nel 1866 durante la battaglia di Sadowa, e dai francesi contro i garibaldini a Mentana con i famosi fucili Chassepots. (vedi Moschetto Mod.Wetterli 1870 esposto). Naturalmente anche le armi corte da fuoco, le pistole, avevano avuto la stessa evoluzione dei fucili con l’invenzione brevettata nel 1835 del tamburo rotante per i revolver di Samuel Colt; è doveroso ricordare che il primo in assoluto ad inventare il sistema a rotazione con tamburo adattato ad un fucile fu l’armaiolo cremasco nobile Cesare Rosaglio che nel 1826 inventò lo “schioppo a sei cariche successive di una sol canna” e costruito dal meccanico cremasco Giacomo Verno, e precedette Colt di una decina d’anni, ma non lo brevettò.
Quest’evoluzione dalla retrocarica al tiro rapido, rese la guerra un fatto industriale e capitalistico, questo subito dopo la prima guerra mondiale, considerata l’ultima guerra cavalleresca ove si videro gli ultimi combattimenti a corpo a corpo. Tutto quest’interessante materiale oplologico proviene da donazioni di privati dalla nascita del Museo Civico il 26 maggio 1963; si tratta d’armi che erano conservate in case patrizie o cimeli delle patrie battaglie, usate da militari della G.N. (Guardia Nazionale) locale ad esempio. Alcuni esemplari, esposti ora nelle bacheche del Museo, ambientate nelle rispettive epoche d’appartenenza, sottratti all’oblio, sono i pezzi piu’antichi e meritevoli; armi bianche e da fuoco lunghe e corte che appartengono di diritto al nostro patrimonio culturale.
Importante è ricordare che questi pezzi commemorano tempi passati, di grandi avvenimenti e persone che non esistono più, portano su di sé la storia e vanno considerate per queste degne d’essere conservate e studiate; sono un mezzo per entrare in mille mondi inimmaginabili, e, perciò per viaggiare, vedere cose interessanti, divertirsi.
Lo studioso dell’arte, può considerare seriamente di servirsi dell’oplologia (la scienza che si occupa delle armi) per classificare opere d’arte il più correttamente possibile; e anche i testi pittorici sono sempre stati un importante punto di riferimento per gli studiosi d’oplologia, ad esempio il ritratto ad olio del RE Vittorio Emanuele II del Pittore W.Sacchi esposto nella sala del Museo, ove il RE è ritratto con una sciabola modello 1855 perfettamente riprodotta, (pezzo esposto in una vetrina) e i due dipinti sopraccitati di Angelo Bacchetta e Luigi Bechi, e molti altri che tratterò in una “ lettura oplologica dei dipinti del Museo e delle Chiese di Crema e del cremasco”, lavoro già iniziato.
Non vi sono armi del periodo Napoleonico perché, l’esercito napoleonico poiché ebbe poche sconfitte in territorio italiano, le armi furono riportate in Francia. Più facili da trovare sono le armi austriache risorgimentali, numerose le sciabole da ufficiale (quelle da truppa erano di proprietà dello Stato). Scarse le armi delle due guerre mondiali perché di proprietà dello Stato. Per una vera e pratica catalogazione le armi andrebbero catalogate e restaurate e suddivise in quattro categorie, con numerazione progressiva.In seguito riporto l’elenco delle Armi esposte con la loro descrizione.
Armi da fuoco corte
Pistola del 17 secolo, sistema a pietra focaia, a canne sovrapposte e di cui una firmata e una rimontata, la firma è “Antonio Moretta”, operò nella fine del ‘600 inizio ‘700. Fu una rinomata famiglia d’armaioli bresciani che operarono in Val Trompia, e furono specializzati nella costruzione di canne. La piastra, riportante i due acciarini affiancati, è firmata da ” Antonio Franzini – Brescia”, che sempre secondo il “Musciarelli” (, era membro di una numerosa e famosa dinastia d’armaioli bresciani di Gardone V.T. che lavorò dal ‘500 all’800. Antonio Franzini operò nella seconda metà del ‘600. Il giudizio finale è di un pezzo interessante, ma composito.
Pistola sistema capsula a percussione, a canne giustapposte, avancarica, epoca seconda metà dell’800.
Pistola sistema capsula a percussione, avancarica, epoca 1850circa, canna e impugnatura intarsiati.
Pistola a rotazione sistema a spillo da tasca, epoca 1860-1870circa, riporta i marchi di prova di Liegi. Tamburo a sei colpi.
Pistola a rotazione sistema a spillo, epoca 1860 circa, tamburo a sei colpi
Armi da fuoco lunghe
Moschetto d’Artiglieria ad avancarica a capsula.
Tipo Mod.1844 –”Bordoni corto”.
Calibro 17,1 mm. Fabbrica: Bordoni Brescia.
Sciabola-baionetta. Arma appartenuta alla Guardia Nazionale locale.
Fucile militare ad avancarica a capsula, Mod.1854 da fanteria, Austria.
Calibro 13,7 mm. Canna rigata, alzo fisso.
Baionetta Mod.1854; Austria. Lama a stilo e a quattro coste, attacco a manicotto
Moschetto a retrocarica da Carabiniere Mod. Wetterli 1870
Baionetta Mod.1870, a sezione quadrangolare.
Calibro 10,35 mm.
Armi bianche
Spadino secolo XVII
Impugnatura a croce in legno. Lama in due ordini,lavorata.
Spada da ufficiale delle guardie del corpo Modello 1822. Italia.
Lama robusta a due fili, fornimento in ottone, a tre else marchio “ROMA”, impugnatura di legno con spire di cordellina in ottone.
Spada da funzionario del Regno Lombardo-Veneto, 1840.
In dotazione al Podestà di Crema. Notare la valva con stemma della regia citta’ di Crema sormontato dall’aquila bicipite.
Fornimento dorato con ramo di guardia, cappetta a testa di cane; impugnatura.
In bronzo dorato lavorata ed iniziale FI (Francesco primo) sul dorso; lama diritta a due fili. Fodero di cuoio nero con bocchetta di bronzo dorato e puntale in cuoio. La testa di cane sulla cappetta simboleggia la fedeltà al sovrano.
Daga per truppe a piedi 1847, Italia.
Fornimento e impugnatura in ottone lavorati, lama curva ad un filo, in dotazione ai sottufficiali.
Daga per truppe a piedi. Lombardia 1848ca.
Bastone animato 1850ca; Italia.
Lama lavorata con motto “Viva l’Italia”
Sciabola, modello 1855 per ufficiale di fanteria, Italia.
Daga della Guardia Nazionale, in dotazione a Crema 1860ca.
Sciabola da cavalleria modello 1871/29, Italia.
Esemplare da truppa, lama brunita, leggermente curva, a filo e punta piatta utilizzata anche nel secondo conflitto mondiale.
La guardia d’acciaio, impugnatura a becco di legno di melo.
Sciabola da Corazziere modello 1887, Italia.
Arma particolare in dotazione alla “Guardia del RE”, l’attuale guardia del Presidente della Repubblica.
Guardia in acciao massiccio finemente lavorato con Fiorami e trofeo d’armi ed elmo e corazza caricata in petto da una stella. Lama ad un filo e punta con dorso stondato.
Bibliografia essenziale consultata
CESARE CALAMANDREI, Armi bianche militari italiane 1814-1950, Editoriale Olimpia, Firenze, 1987.
L. G.BOCCIA / E.T.COELHO, Armi bianche italiane, Bramante editrice Milano, 1975.
ENRICO G.ARRIGONI, Armi nei Musei del Risorgimento e di Storia Contemporanea, Milano, 1988.
LIBERO, Le armi da fuoco, in “L’uomo e la scienza” n.20-21, 2003, pp.243-247.
LETTERIO MUSCIARELLI, Dizionario delle armi, Arnoldo Mondatori Editore, storia illustrata, 1968-1970.
MARIO CASSI, Gli armaioli cremaschi, “Il regno di Lombardia e Venezia”, Crema, l’ARALDO Gruppo cremasco ricerche storico ambientali, 2002, pp.185-193.